martedì 30 luglio 2024

Recensione: Come l'arancio amaro

Come l'arancio amaro
di Milena Palminteri

Editore: Bompiani
Prezzo Cartaceo: € 20,00
Prezzo eBook: €11,99

Pagine: 448

«Carlotta mia, io dell’arancio amaro conosco solo le spine e ormai non mi fanno più male. Ma il profumo del suo fiore bianco è il tuo, è quello della libertà.» 

A cosa serve essere giovane e piena di progetti, se sei nata nel tempo sbagliato? 

Tre protagoniste straordinarie fronteggiano la sfida più grande: trovare il senso del proprio essere donne in un mondo che vorrebbe scegliere al posto loro. Nardina, dolce e paziente, che sogna di laurearsi ma finisce intrappolata nel ruolo di moglie. Sabedda, selvatica e fiera, che vorrebbe poter decidere il proprio futuro ma è troppo povera per poterlo fare. Carlotta, orgogliosa e determinata, che vorrebbe diventare avvocato in un mondo dove solo i maschi ritengono di poter esercitare la professione. E un segreto, che affonda nella notte in cui i loro destini si sono uniti per sempre. Tra gli anni Venti e gli anni Sessanta del Novecento, Sabedda, Nardina e Carlotta lottano e amano sullo sfondo di un mondo che cambia, che attraversa il Fascismo e la guerra, che approda alla nuova speranza della ricostruzione. Per ciascuna di loro, la vita ha in serbo prove durissime ma anche la forza di un amore più grande del giudizio degli uomini. 
Partendo da una storia vera, Milena Palminteri esordisce con un romanzo maturo e travolgente, scritto con una lingua ricca di sfumature, popolato di personaggi memorabili per la dolente fierezza con cui abbracciano i propri destini. 




Le apparenze spesso ingannano. Ma osservando con più attenzione, indugiando sui dettagli e sul naturale incedere del corpo umano, ecco che gli invisibili legami che uniscono o allontanano le persone farsi luminosi, così accecanti da spazzar via dubbi e domande, dando conferme a certezze mai espresse a parole. 

Se questa è l’essenza delle osservazioni attente ma discrete dell’avvocato Calascibetta, uomo di vedute ampie e moderne che, attraverso lo scorrere delle decadi, funge da presenza costante e rassicurante all’interno dei palazzi Cangialosi e Damelio, l’oggetto del suo guardare sono le vite al femminile che le stanze di quei luoghi abitavano: Caterina, Sabedda, Nardina e Carlotta. Ma anche Rosetta, Bastiana, Cursidda, parte determinante nella vita delle prime. 

Donne, di età ed estrazione sociale differenti, ritrovatesi nella Sicilia degli anni Venti del secolo scorso. Uno sfondo mai timido, bensì presuntuoso e prepotente, costellato di presenze maschili di cui Calascibetta, per tutti zù Pippino, fu l’unico incorruttibile. Malavitosi e baronetti strafottenti, uomini resi malvagi dalla violenza dei padroni o padroni omertosi delle loro azioni circondano, nella torrida afa del Sud, le protagoniste portate in auge da Milena Paminteri nel suo romanzo d’esordio. 

C’è Carlotta, figlia e nipote, che dagli anni Sessanta di una Sicilia impegnata ad ammodernarsi, cerca di ricostruire, guardando nel suo passato, le storie della sua famiglia, tra documenti d’archivio e visite inaspettate, provando a dare un senso agli avvenimenti che scossero la sua vita d’infanzia. A contrasto, si alternano le storie e gli intrighi di Sabedda, un destino tracciato dalla povertà, e Nardina, dalle molteplici ambizioni imprigionate. Entrambe madri ma per destini e voleri diversi, trovatesi, quarant’anni prima, alleate senza davvero mai confessarselo in una coltre di uomini desiderosi di affermarsi a scapito loro. 

Una storia affascinante, resa tale non solo dagli avvenimenti, ma anche dal linguaggio scelto – con molteplici parole tratte dai diversi dialetti siciliani – e dal contesto: un’isola, mai davvero parte del continente, sempre un passo indietro rispetto a quello che succedeva oltre lo Stretto, sempre timorosa di cambiare, per poi non cambiare mai tra gli anni del Fascismo e quelli del Boom economico. Con ricchezza di dettagli e attento studio, quello che Milena Paminteri tratteggia è uno splendido arazzo di una parte di storia italiana spesso messa a tacere, eppure con indelebili richiami alla contemporaneità – le sfide di essere donna tra norme patriarcali e rigidi vincoli sociali. Eppure, nelle parole della scrittrice esordiente a settant’anni dopo una vita passata a lavorare come conservatrice negli archivi notarili (dove insieme alla memoria economica di paesi e città italiane vengono conservate e custodite anche le nostre vicende individuali e collettive), emerge una storia toccante, che, privata da ogni sentimentalismo di sorta, diventa ancor più pregna di realtà. 

Personaggi saggiamente tratteggiati diventano la rappresentazione delle sfaccettature dell’animo umano senza tempo: paura, orgoglio, affermazione, vendetta. Impossibile non richiamare alla memoria le altre penne sicule o che in quella terra di siccità ambientarono le loro storie – dai Florio a Pirandello, da Tomasi da Lampedusa a Sciascia. Come l’arancio amaro è il romanzo da leggere in questa rovente estate, avventurandosi, assieme alle sue protagoniste, in un futuro arguto.

Durata totale della lettura: 12 giorni
Bevanda consigliata dall'autrice: crema caffé (o marsala, ascoltando la voce di zù Pippino)
Formato consigliato: ebook
Età di lettura consigliata: dai 17 anni


      "Viene a dire che la pianticedda dell'arancio amaro a tutti ci pare uno sbaglio della natura ché uno spicchio in bocca non si pò metteri tanto disturba. Però... è forte, tanto forte che l'innesto di tarocchi, sanguinelli e ribera dentro a essa subito pigghia e l'alberi bastardi crescono più belli di quelli in purezza." 



Si ringrazia la casa editrice per la copia omaggio.

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