di Daria Bignardi Editore: Mondadori Prezzo: €18,50 Pagine: 168 “Il carcere è come la giungla amazzonica, come un paese in guerra, un’isola remota, un luogo estremo dove la sopravvivenza è la priorità e i sentimenti primari sono nitidi”: forse è per questo che, da narratrice attratta dai luoghi dove “l’uomo è illuminato a giorno”, Daria Bignardi trent’anni fa è entrata per la prima volta in un carcere. Da allora le prigioni non ha mai smesso di frequentarle: ha collaborato con il giornale di San Vittore, portato in tv le sue conversazioni coi carcerati, accompagnato sua figlia di tre mesi in parlatorio a conoscere il nonno recluso, è rimasta in contatto con molti detenuti ed è tuttora un “articolo 78”, autorizzata cioè a collaborare alle attività culturali che si svolgono in carcere. Ha incontrato ladri, rapinatori, spacciatori, mafiosi, terroristi e assassini, parlato con agenti di polizia penitenziaria, giudici, direttori di istituto. Per scrivere di quel mondo si è ritirata per mesi su un’isola piccolissima: Linosa. Ma il carcere l’ha inseguita anche lì. E gli incontri e la vita sull’isola sono entrati in dialogo profondo con le storie viste e ascoltate in carcere. Bignardi ci racconta il suo viaggio nell’isolamento e nelle prigioni, anche interiori, con la voce unica con cui da sempre riesce a trasportarci al centro delle esperienze, partendo da sé, mettendosi in gioco, così come ha fatto la mattina del 9 marzo 2020 in un video girato di fronte a San Vittore, mentre alcuni detenuti salivano sul tetto unendosi alle rivolte che stavano scoppiando in molte carceri italiane. In seguito a quegli eventi sarebbero morte tredici persone recluse. “So come vanno le cose col carcere” scrive, “il carcere lo odiano tutti. Alcuni amano il carcere degli altri, per così dire”: parlarne è un gesto inevitabilmente politico, perché rivolgendo lo sguardo al carcere lo si rivolge al cuore della società, ma questo è anche e prima di tutto un libro personale, in cui ogni cosa – ritratti, riflessioni, cronaca, ricordi – è cucita assieme dalla scrittura limpida e coinvolgente di Daria Bignardi. |
In parte reportage giornalistico, in parte saggio di denuncia, a tratti biografia personale, "Ogni prigione è un'isola" colpisce sin dalle prime pagine per tale commistione di generi letterari che lo rende difficilmente ascrivibile a una singola tipologia.
Forse è proprio questo il primo tratto saliente dell'ultima opera di Bignardi: poco più di 150 pagine in cui il lettore riesce sorprendentemente a non sentirsi a disagio pur calandosi nella trattazione di una tematica così politica e controversa - il carcere - di cui al contempo apprende fatti e storie da voci che lo hanno vissuto sulla propria pelle.
Prima tra le voci che restituiscono la propria esperienza di carcere è proprio quella di Daria Bignardi, che tali luoghi li ha sempre vissuti e frequentati, sia nell'ambito della sua vita professionale come "articolo 78" (così si chiama quel particolare status che permette a persone esterne all’amministrazione carceraria di partecipare ad attività culturali e formative all’interno degli istituti penitenziari), con il suo lavoro al giornale di San Vittore e le conversazioni con i detenuti trasmesse in tv che a livello personale, con le regolari visite con sua figlia al nonno in carcere, Adriano Sofri.
Il carcere, dunque, quale parte integrante della vita dell'autrice, fil rouge che la accompagna da decenni, persino nella remota isola di Linosa, dove l'autrice decide di ritirarsi per un periodo per dedicarsi alla scrittura del libro. Libro, ci confessa con onestà Bignardi, la cui redazione non è stata affatto scevra dalle difficoltà e implicazioni profonde che solo temi come la privazione della libertà e il concetto di giustizia e ordine sociale portano con loro: "Scrivere un libro significa infilarsi dentro un'ossessione dalla quale non si esce mai, neanche mentre si dorme. E io non voglio stare in carcere per anni, non voglio starci di notte, pensare solo a quello. In carcere si sta male."
Dalle rivolte al San Vittore ai pestaggi nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, alle conversazioni con i medesimi detenuti anche a distanza di anni dai primi contatti con l'autrice, sino a dialoghi con giudici e direttori di istituti penitenziari e alla raccolta di testimonianze di guardie carcerarie e detenute donne, "Ogni prigione è un'isola" ci fa riflettere sulla reale utilità del carcere, sul concetto di pena come strumento della giustizia che sembra tuttavia spesso abbattersi proprio sui meno fortunati, su singoli esseri umani che per storia di vita non hanno avuto pienamente la possibilità di scegliere una vita onesta, aumentando il divario sociale e le disuguaglianze.
Un testo che cattura e una volta preso in mano non riuscirete più a chiudere.
E, se voleste saperne di più e vi trovaste a Torino questa settimana, non perdetevi il Salone del Libro 2024, e in particolare la serata conclusiva del progetto del Salone Off “Il Ballatoio-Storie a domicilio” di sabato 11 maggio, per un dialogo con l'autrice, Daria Bignardi, moderato dalla brillante Ilaria Oddenino.
Durata totale della lettura: tre giorni
Bevanda consigliata: caffè al ginseng
Formato consigliato: cartaceoBevanda consigliata: caffè al ginseng
Età di lettura consigliata: dai 14 anni
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