mercoledì 27 gennaio 2021

Recensione: La libraia di Auschwitz


                                            

La libraia di Auschwitz

di  Dita Kraus

Editore: Newton Compton
Prezzo Cartaceo: € 12
Pagine: 416
Titolo originale: A Delayed Life

A soli tredici anni Dita viene deportata ad Auschwitz insieme alla madre e rin­chiusa nel settore denominato Campo per famiglie (tenuto in piedi dalle SS per dimostrare al resto del mondo che quello non fosse un campo di stermi­nio): quello che conteneva il Blocco 31, supervisionato dal famigerato “Angelo della morte”, il dottor Mengele. Qui Dita accetta di prendersi cura di alcuni libri contrabbandati dai prigio­nieri. Si tratta di un incarico perico­loso, perché gli aguzzini delle SS non esiterebbero a punirla duramente, una volta scoperta. Dita descrive con parole di una stra­ordinaria forza e senza mezzi termini le condizioni dei campi di concentra­mento, i soprusi, la paura e le preva­ricazioni a cui erano sottoposti tutti i giorni gli internati. Racconta di come decise di diventare la custode di pochi preziosissimi libri: uno straordinario simbolo di speranza, nel momento più buio dell’umanità. Bellissime e commoventi, infine, le pagine sulla liberazione dei campi e del suo incontro casuale con Otto B Kraus, divenuto suo marito dopo la guerra. Parte della storia di Dita è stata rac­contata in forma romanzata nel best­seller internazionale La biblioteca più piccola del mondo, di Antonio Iturbe, ma finalmente possiamo conoscerla per intero, dalla sua vera voce.



Un romanzo diverso da quanto mi aspettassi. 
Pensavo di leggere una versione romanzata di una libraia ad Auschwitz, mentre invece si tratta della vera vita di Dita Kraus, dalla sua infanzia quando la guerra e i nazisti ancora non erano al potere fino ad oggi. 
Dita nasce da una famiglia ebrea a Praga nel 1929 e cresce come ogni altra ragazzina, fino a che a 13 anni viene portata con la famiglia al ghetto di Terezìn e poi Auschwitz e Bergen-Belsen.
Dita ci descrive le cattiverie e bassezze dell'animo umano, di tutto quello a cui lei e gli altri devono essere sottoposti nei campi di concentramento, ne parla senza troppi sentimentalismi, dritta al punto, ma sopratutto con una forza interiore che forse lei stessa non si credeva di avere ma che noi leggiamo in ogni pagina.
Il romanzo però non si ferma alla liberazione da parte dell'esercito inglese ma continua a mostrarci la vita di Dita che si sposa con Otto Kraus anche lui sopravvissuto, vanno ad abitare in un kibbutz a Israele, mettono su famiglia. 
Tutta la sua vita sembra sempre un po' in attesa, prima della fine della guerra, poi dell'uscita dal campo, poi il matrimonio, i figli, insomma Dita si ritrova solo poi libera di vivere quando tutto il mondo attorno a lei finalmente inizia a rallentare e la fa sentire libera.
Penso che il fatto che sia stata la governante di libri ad Auschwitz, nella minuscola libreria del campo, sia poco rilevante rispetto al valore del romanzo e alla resilienza di Dita ma anche di tutte le altre donne  e uomini che incontra nel suo percorso. Cosí come il racconto delle atrocità vissute nel campo e tutte le persone che sono morte nella sua vita. Dita non si ferma mai, è sempre prontaa a migliorare la sua condizione, a imparare qualcosa di nuovo e a lottare nel suo piccolo perchè venga riconosciuto il suo valore.
Non lasciatevi distrarre dal titolo, il romanzo è assolutamente da leggere, Dita e la sua vita sono affascinanti anche nei momenti piú bui, ho trovato molto interessante anche la parte successiva al trasferimento ad Israele nel famoso kibbutz Givat Chaim.


Durata totale della lettura: 6 giorni
Bevanda consigliata: Tisana al melograno
Formato consigliato: Ebook
Età di lettura consigliata: Dai 14 anni 



"Nessuna di noi era immune dallo sconforto; quando tutto sembrava senza speranza, 
l’attenzione dell’amica ti salvava dalla disperazione. "



Si ringrazia la casa editrice per la copia omaggio

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