Guardi fuori dalla tua camera e vedi palazzi identici al tuo. Li guardi e ti immagini che da un momento all’altro vedrai sbucare dietro una finestra una famiglia esattamente uguale alla tua. Sono felici, ancora uniti, nessuno è scappato via, e nel corpo di tua madre non ci sono cellule impazzite che la stanno uccidendo. Peccato che quella famiglia non esista. E che, dal momento in cui tua madre, la stramba, dolce, arrabbiata Adele, pronuncia quella parola di sei lettere, tu ti senta perduto, come un biglietto dell’autobus dentro la tasca di un vecchio giubbotto messo via per l’estate. Perché tu lo sai già: quella parola è una bomba atomica che raderà al suolo quel poco che funzionava nella vostra vita e vi farà sentire tremendamente soli. Soprattutto te. E non ti basterà dirti che quello che le sta accadendo potrebbe farti apparire più interessante agli occhi della gente, soprattutto delle ragazze. Non ti basterà avere accanto Rachele, la tua migliore amica e il tuo sogno più dolce, né Ismail, il fratello che nessuno vorrebbe e che tu hai scelto come migliore amico. Non basteranno nemmeno più le vostre serate al distributore di benzina ad ascoltare musica e a parlare di tutto e di niente. Perché le vostre insicurezze vi allontaneranno ogni giorno di più. Perché nessuno vi ha insegnato cosa sentire o dire in una situazione del genere. E allora non ti rimane altro che affrontarlo, il tuo incendio. E anche se spesso, dopo, non restano che macerie, forse stavolta, superato il dolore che ti sta facendo a pezzi il cuore, potresti anche scoprire che non sei mai stato davvero solo e che la tua, la vostra vita andrà avanti e avrà un senso, nonostante tutto. |
Fin da subito, fin dalla sola presentazione del libro, ne sono
rimasta colpita e affascinata.
Colpita dalla scrittura cruda e diretta che ti penetra come lame, che ti fa immedesimare
in ogni singola scena. Colpita dai duri temi affrontati, dalla malattia che
pervade l’intero libro, dall’inizio alla fine, dall’emarginazione, dalla
solitudine, che in qualche modo sono parte di ognuno dei protagonisti, e forse
di ogni essere umano; dal razzismo, dalla difficoltà di una realtà cruda e troppo
crudele per dei semplici adolescenti. Questo, accanto ai tanti altri elencati, è uno dei temi
emergenti: ognuno dei ragazzi protagonisti a modo proprio ha vissuto una
tragedia personale, ognuno di loro è cresciuto troppo in fretta, perché la vita
spesso ti mette davanti a sfide che nemmeno gli adulti sanno affrontare. E
quando la vita ti butta addosso queste situazioni crudeli e ingestibili ci si ritrova
soli, senza nessuno, senza nessuno che capisca veramente, senza nessuno con cui
ci si possa sfogare completamente senza essere preso per pazzo. Perché in fondo
come dice l’autore “siamo soli e impauriti in mezzo a un’umanità rumorosa”, e
in fondo ogni persona ha il suo modo di reagire al dolore: c’è chi fugge come
Giulia, chi si allontana e si nasconde dietro futili argomenti, come Ismail e
Adele, chi affronta la situazione a pieno petto come Chiara o Rachele.
La cosa che più mi è piaciuta di questo romanzo è però senza dubbio la struttura, il passaggio da un personaggio all’altro, sempre narrato in prima persona, in una sorta di flusso di coscienza in cui ognuno di loro esprime quello che prova, lascia fluire le idee, i pensieri e tutto ciò che vorrebbe dire alle persone che lo circondano. Tutto ciò che vorrebbe dire, che però resta un pensiero, una frase a mezz’aria. Ed è questo modo di raccontare che ci fa conoscere ogni singolo personaggio, da Ismail, cresciuto tra fratelli più grandi e la costante del razzismo perennemente presente nella sua vita, a Rachele, una ragazza egiziana che ha passato gli anni della sua adolescenza in un “centro semiresidenziale per minori con disagio”, a Ludovica e Bianca, le protagoniste della prima storia, fondamentali anche per Adele e suo figlio, protagonisti indiscussi attorno a cui si sviluppa tutto il resto, le cui vite cambiano all’improvviso a causa del tumore al pancreas di Adele.
Consiglio assolutamente la lettura di questo libro perché ognuno
dei temi principali affronta argomenti di cui bisognerebbe parlare più spesso, perché
forse, nonostante tutto questo faccia paura, faccia male, sia difficile da affrontare,
parlarne aiuta a liberarsi e ad essere più leggeri, a sentirsi meno soli, e
credo che Michele Arena con questo libro sia riuscito ad esprimere molti dei
sentimenti e delle emozioni contrastanti che si sviluppano nelle persone quando
sono costrette ad affrontare situazioni come queste.
Bevanda consigliata: Caffè
Età di lettura consigliata: dai 16 anni
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