di Enrico Mentana e Liliana Segre Editore: Rizzoli Prezzo Cartaceo: € 15,90 Pagine: 256
“Un conto è guardare e un conto è vedere, e io per troppi anni ho guardato senza voler vedere.” Liliana ha otto anni quando, nel 1938, le leggi razziali fasciste si abbattono con violenza su di lei e sulla sua famiglia. Discriminata come “alunna di razza ebraica”, viene espulsa da scuola e a poco a poco il suo mondo si sgretola: diventa “invisibile” agli occhi delle sue amiche, è costretta a nascondersi e a fuggire fino al drammatico arresto sul confine svizzero che aprirà a lei e al suo papà i cancelli di Auschwitz. Dal lager ritornerà sola, ragazzina orfana tra le macerie di una Milano appena uscita dalla guerra, in un Paese che non ha nessuna voglia di ricordare il recente passato né di ascoltarla. Dopo trent’anni di silenzio, una drammatica depressione la costringe a fare i conti con la sua storia e la sua identità ebraica a lungo rimossa. “
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Anche se la settimana della memoria si è appena è appena terminata, credo sia d’obbligo, ricordare ogni giorno quanto dolore, e quanta morte siano state le conseguenze della persecuzione degli ebrei. Ho amato questo libro, fin dalle prime pagine. La Segre (affiancata da un grande regista come Mentana), ha saputo narrare con estremo tatto la fine del suo essere bambina come le altre. Prima di quel fatidico giorno (datato anno 1938), essere ebrea, significava per lei semplicemente essere esonerata dall’ora di religione. Dopo tale data, l’appartenere a una famiglia di ebrei laici, è per lei, divenuto fonte di tragedia e oppressione assoluta. Personalmente ho amato il legame tra l’autrice e il defunto padre. La descrizione dettagliata di un sentimento profondo, verso un uomo disperato (rimasto vedovo da giovane, e orfano poco dopo, a causa della crudeltà del regime nazista). Una forma di amore unico, non paragonabile ad alcun’altra forma di amore. Il padre della Segre, è descritto come un uomo, che cercò disperatamente di lottare verso le crudeltà di un mondo che non aveva senso, che gli aveva tolto tutto, ogni punto ferma nella sua esistenza. Toccanti a dir poco, le pagine in cui l’autrice descrive il tentativo disperato di fuga in Svizzera, l’assassinio dei nonni paterni, il viaggio verso il campo di concentramento. Devo ammettere che nonostante sapessi già in partenza “il finale” di questa sua personale vicenda; ho sperato fin all’ultimo che quella povera bimba, rinchiusa in un campo di concentramento, riuscisse a rivedere il padre in qualche modo. Un passato inquietante, un racconto a tratti duro (frutto di una donna ora anziana, che ha celato per anni, questo suo pesante fardello) che dovrebbe essere a mio giudizio proposto nelle scuole, perché la storia non possa più ripetersi. Ancora mi chiedo come l’animo umano abbia potuto perpetrare così tanta crudeltà verso il proprio simile, in nome di un ideale malato. Consiglio a tutti, di leggere questo romanzo, perché possa tramutarsi in una lezione di vita. Ricordo inoltre che i proventi, dei diritti dell’autore, saranno devoluti interamente all’Onlus Opera San Francesco, per i poveri. Capolavoro letterario da non perdere.
Durata totale della lettura: Cinque giorni
Bevanda consigliata: Cappuccino senza schiuma
Formato consigliato: Cartaceo
Si ringrazia molto la casa editrice Rizzoli per la copia omaggio.
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