di Stefano Massini Editore:Fandango Libri Prezzo Cartaceo: € 12,00 Pagine: 114
Nel 1960 viene arrestato in Argentina Adolf Eichmann, il gerarca nazista responsabile di aver pianificato, strutturato e dunque reso possibile lo sterminio di milioni di ebrei. Dai verbali degli interrogatori a Gerusalemme, dagli atti del processo, dalla storiografia tedesca ed ebraica oltre che dai saggi di Hannah Arendt, Stefano Massini trae questo dialogo di feroce, inaudita potenza. Il testo è un atto unico, un’intervista della stessa Arendt a colui che più di tutti incarna la traduzione della violenza in calcolo, in disegno, in schema effettivo. In un lucidissimo riavvolgere il nastro, Eichmann ricostruisce tutti i passaggi della sua travolgente carriera, dagli albori nella piccola borghesia travolta dalla crisi fino all’ebbrezza del potere, con Hitler e Himmler raccontati come mai prima, fra psicosi e dolori addominali, in un tripudio di scuderie, teatri e salotti. Da una promozione all’altra, in un crescendo di poltrone, prestigio e denaro, si compone lentamente il quadro della Soluzione Finale, qui descritta nel suo aspetto più elementare di immane macchina organizzativa: come si sperimentò il gas? Quando fu deciso (e comunicato) l’inizio dello sterminio? Come si gestiva in concreto l’orrore di Auschwitz? Ed ecco prendere forma, passo dopo passo, una prospettiva spiazzante: Eichmann non è affatto un mostro, bensì un uomo spaventosamente normale, privo di alcun talento se non quello di trarsi d’impaccio, capace di stupire più per la bassezza che per il genio. Incalzato dalle domande della filosofa tedesca, egli si rivela il ritratto squallidissimo dell’arrivismo, della finzione, del più bieco interesse personale, ma niente di più. È mai possibile che l’uomo più temuto da milioni di deportati, il cui solo nome incuteva terrore, fosse un essere così vicino all’uomo medio?
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Un romanzo ricercato, e non per tutti. Un’intervista a uno dei più crudeli gerarchi nazisti. Un vero e proprio “sterminatore di ebrei”, che si racconta in un colloquio senza filtri. Affermazioni realmente dure, quali ad esempio, quella in cui Eichmann ritiene di dover rilevare che: occorreva qualcuno d’influente, fra gli ebrei. Il dottor Kastner lo era. Serviva qualcuno come lui, che rassicurasse tutti su quello che accadeva nei lager. Nessuno sarebbe morto. Erano solo campi di lavoro. Niente panico, allora, sui treni. Mantenersi calmi, ordinati. Obbedire. Il piano era perfetto. Quando entra in gioco la morte, ci sono sempre due reazioni: c’è chi si mette a tremare, e chi invece fa i suoi calcoli. Per non finirci dentro. Qualunque cosa, pur di salvarsi. La polizia ebraica era la peggiore, nei ghetti. La più violenta. Chaim Rumkowski – era capo anziano degli ebrei di Łódź – ne consegnò a centinaia, in cambio di cosa? Girava in carrozza. Fece stampare banconote e francobolli con la sua faccia. Sapete com’erano chiamati? I collusi. Ci sono sempre collusi, ogni volta che morte e soldi trovano l’intesa. I collusi. Pur di non attribuirsi colpe, Eichman dice che lo sterminio in fondo è una cosa umana. Negli stessi identici anni in cui egli entrava all’Ufficio Ebrei di Vienna, Stalin ha ucciso milioni e milioni di kulaki, in Ucraina, c’era la pena di morte per chi nascondeva in cucina un sacchetto di grano. E a Wounded Knee gli americani fecero uguale o peggio di Mauthausen: centinaia d’indigeni morti, donne, bambini, li ammassarono in una chiesetta con scritto “Pace in terra agli uomini di buona volontà”. Un’intervista che mi ha rapito, nel corso della lettura, e che alla fine, dietro a tanto orrore; mi ha fatto capire che: dentro, in fondo – misteriosamente – quando meno te lo aspetti, l’essere umano sa anche reagire al male, non solo dire “allora poi vediamo”.
Durata totale della lettura: Cinque giorni
Bevanda consigliata: Caffè doppio ed amaro
Formato consigliato: Ebook
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