lunedì 8 aprile 2019

Recensione: L'età straniera

L'età straniera

di Marina Mander

Editore: Marsilio
Prezzo Cartaceo: € 16,00
Pagine: 208




Leo non studia molto, ma è bravo a scuola. Non fuma tanto, ma un po’ d’erba sì. Ha una madre, Margherita, che lavora come assistente sociale e un padre che è stato matematico, è stato intelligente, è stato vivo l’ultima volta nel mare e poi è scomparso tra le onde con il pigiama e le ciabatte. Leo odia i pigiami, le ciabatte e non si fida più del mare, forse di nessuno. Odia tutte le cose fino a quando nella sua vita non arriva Florin, un ragazzino rumeno che non studia, non ha una casa, non ha madre né padre – o magari sì ma non ci sono – e si prostituisce. Florin si prostituisce e la madre di Leo decide di ospitarlo, sistemandolo nella camera del figlio, perché l’appartamento è piccolo e perché «forse potete farvi bene l’un l’altro». Leo che non ha mai fatto l’amore con nessuno e Florin che fa l’amore con tutti condividono la stessa stanza. Leo pensa di odiare Florin, che comunque è meglio di una cosa, è vivo. Leo è tutto cervello e Florin è tutto corpo: questo pensa Leo, che racconta la storia. La “scimmia” lo chiama, come una delle tre scimmiette: Iwazaru, quella che non parla. In realtà entrambi i ragazzi sono ancora forti di una fragile interezza, perché sono adolescenti e hanno ferite profonde ma corpi e sentimenti giovani. Comincia così, tutta storta, l’avventura del loro viaggio a occidente, fra estraneità e appartenenza: mistico per Leo – in continuo contatto con un tribunale immaginario che cerca di convincerlo di avere ucciso il padre – e fisico per Florin – in balia di uomini violenti in un mondo più violento ancora. Scritto in una lingua immaginifica e ironica, intelligente e musicale, L’età straniera racconta un mondo vocale: è nelle voci che questa storia e tutte le storie si sviluppano – le parole di Florin che mancano, quelle in cui Leo si rifugia.



Questo libro è un lungo flusso di coscienza, dove Leo, il protagonista, mette a nudo i suoi pensieri e le sue emozioni.
Leo è costretto a condividere la sua stanza da letto con Florin, ragazzo di strada di nazionalità rumena, dopo che sua madre ha deciso di accogliere quest’ultimo per salvarlo da un giro di prostituzione minorile. Florin non parla italiano, non studia e apparentemente non ha i genitori. Inizialmente Leo lo detesta chiamandolo “scimmia”; non capisce perché sia toccato proprio a lui il peso di quel salvataggio e non vuole avere niente a che fare con Florin.
La vicenda è narrata attraverso i pensieri di Leo, il quale tormentato da un’inesistente vita sessuale e affettiva, viene colpito da questo gioco amore-odio nei confronti di Florin, una persona che del sesso ha fatto una merce di scambio e che sembra non affatto turbato dalla vendita del proprio corpo.
Il flusso di coscienza è interrotto dai sogni sporadici di Leo, in cui lui stesso si rivede sotto processo, accusato da un tribunale inesistente di essere la causa della morte del padre.

Il libro descrive in maniera molto delicata ma efficace, le inquietudini dell’adolescenza, della scoperta di sé, e le tematiche del sesso e dell’amore. L’autore mette a confronto due mondi profondamente diversi che si intrecciano ma che sembrano non toccarsi mai davvero. Leo appare inorridito di fronte alle “scelte” di vita di Florin, non mostra empatia o comprensione per quest’ultimo, ma il suo “io” interiore ne rimane segretamente affascinato.


Il modo con cui l’autore sottolinea le differenze di questi due personaggi e il modo con cui descrive il viaggio che compiono per avvicinarsi l’uno all’altro ci insegna che lo “straniero” che ci spaventa, non è solo ed esclusivamente qualcuno che proviene da un mondo diverso dal nostro, ma è anche (e soprattutto) il nostro io interiore che non vogliamo affrontare. Ed è proprio questa sfida a mettere a disagio Leo, in continuo dissidio con sé stesso e in continua lotta per cercare una direzione da seguire.


Durata totale della lettura: Quattro giorni
Bevanda consigliata: Green Tea
Formato consigliato: Ebook
Età di lettura consigliata: dai 16 anni







      "Il dolore altrui dovrebbe addolorarci, non renderci più felici, o sbaglio?"

   

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