domenica 3 dicembre 2017

Recensione: Mary Shelley e la maledizione del lago




Mary Shelley e la maledizione del lago
di Adriano Angelini Sut

Editore: Giulio Perrone editore
Prezzo Cartaceo: € 14,00
Pagine: 204



Aprile 1815, isola di Sumbawa, arcipelago indonesiano. Boati simili a tuoni, la terra che trema, il mare impazzito, il tambora si sveglia improvviso nella calma ingannevole di un tramonto tropicale e, dal cratere incandescente fino alla stratosfera, il cielo è polvere, sassi e gas. Giugno 1816, come un immenso banco di nebbia la nube vulcanica arriva nell’Europa continentale, oscurando il sole e provocando rovesci violentissimi che devastano i raccolti e disperdono le greggi. Inizia il cosiddetto “anno senza estate”. È notte fonda sul lago di Ginevra e Mary Godwin Shelley, ospite a Villa Diodati insieme al marito Percy e alla sorellastra Claire, viene coinvolta in una gara di scrittura ingaggiata dai padroni di casa lord Byron e John William Polidori; tema: una storia del terrore. sul tetto della casa e tutt’intorno piovono fulmini e lampi accecanti preparano il cuore ai tonfi roboanti dei tuoni. l’atmosfera è perfetta, complici anche l’alcol e le nebbie dell’oppio, i cinque iniziano a immaginare, ma, per tutti tranne che per Mary, le idee non decollano. Nella sua testa è una tempesta di pensieri, il ricordo d’infanzia del padre, William Godwin, che ascolta curioso i segreti di un suo amico chirurgo sui primi risultati del galvanismo applicato ai cadaveri, la sorpresa, terribile e affascinante, che quei corpi sono corpi umani, il dolore per la prima figlia morta ancora senza nome pochi giorni dopo la nascita, i soliloqui esaltati di Percy nel cimitero di St Pancras, le suggestioni titaniche e letterarie e non del romanticismo inglese. Una tempesta elettrica. Nasce Frankestein, romanzo fantascientifico destinato a entrare nella storia, libro che ripaga il desiderio e l’angoscia di Mary di essere all’altezza della madre, Mary Wollstonecraft Godwin, autrice proto femminista del rivoluzionario A Vindication of the Rights of Woman. Ma, come si dice, la realtà supera l’aspettativa e Frankestein diventa un vero e proprio caso letterario, un monstrum, di nome e di fatto, nella cultura del tempo. La critica ne mal tollera il genere innovativo, primo romanzo fantascientifico mai scritto fino ad allora, e, più di tutto, ne stigmatizza l’autore, anzi l’autrice, una donna dalla vita anticonvenzionale e dalle forti istanze democratiche, malvista dalla società borghese per il suo scandaloso matrimonio con l’amatissimo Percey Bysshe Shelley e per le sue “cattive” frequentazioni. Una figlia, come il protagonista del Frankestein, ripudiata
dal padre, una madre straordinaria che, come la sua letteraria creatura, cerca disperatamente di sopravvivere alla cifra stilistica della sua vita, la solitudine.



Tutti, dai bambini agli adulti, a prescindere da livello culturale e classe sociale, conoscono in un modo o nell'altro Frankenstein. Questo è un dato di fatto e affinché un personaggio di fantasia arrivi a questa fama, vuol dire che il suo creatore deve godere di questa stessa straordinaria fama. Perché, invece, il nome di Mary Shelley, vera e propria madrina del romanzo gotico moderno, non gode della stessa risonanza che hanno altri autori del panorama letterario inglese?
Personalmente ho letto questo romanzo con molto interesse, perché ero davvero curiosa di saperne di più della vita e dell’arte di questa donna, una vera eccezione del suo tempo, ma prima di tutto una donna con le sue debolezze, i suoi punti di forza e una serie di tragedie che nel bene e nel male hanno influenzato inevitabilmente la sua vita e il suo pensiero.
Il lavoro che Adriano Angelini Sut fa con questa opera è enorme, si tratta infatti di una biografia romanzata dove l’aspetto narrativo viene sempre continuamente accostato a una puntuale comparazione con le fonti letterarie citate e le stesse opere dell’autrice diventano un prezioso momento interpretativo.
Forse l’unica pecca che ho riscontrato in quest’opera è il voler raccontare un arco temporale davvero troppo ampio, dall’1971, anno in cui William Godwin e Mary Wollstonecraft si conoscono per la prima volta allo stesso tavolo durante una cena organizzata dall’editore Joseph Johnson. Quando William è prossimo a scrivere il suo Enquiry concerning political justice e Mary è già autrice di A Vindication of the Rights of Woman, fino alla morte della stessa della loro figlia, Mary Shelley, appunto, nel mezzo tutta una vita. Non è sempre, quindi, facilissimo seguire tutte le vicende dei personaggi senza perdere il filo della narrazione.
Quindi scopriamo che Mary Shelley è la figlia di una paladina dei diritti delle donne e di un filoso anarchico,  considerata una donna scandalosa per la sua indipendenza e per le sue relazioni sentimentali. Il clou della narrazione viene raggiunto in occasione di una notte del 1816 trascorsa in Villa Diodati, sul lago di Ginevra quando, in uno scenario inquietante e suggestivo, in compagnia di Percey Shelley, Lord Byron e John Polidori, con l’occasione di una gara di scrittura, la donna concepisce l’idea del Frankenstein. Un libro nato  dal desiderio quasi morboso di Mary di soddisfare la propria voglia di essere all’altezza della madre, ma Frankenstein divenne un vero e proprio caso letterario ben all’aldilà di qualsiasi aspettativa, ma l’innovatività di questo romanzo, primo romanzo fantascientifico mai scritto, diventa anche un motivo ulteriore per stigmatizzare questa donna così anticonvenzionale. Una Mary Shelley che stupirà chiunque per la somiglianza con la sua creatura letteraria, una donna straordinaria che cerca disperatamente di sopravvivere alla solitudine della sua esistenza.  
L’autore di questo romanzo fa un ritratto completo, documentato e ricchissimo di una donna straordinaria, una donna che mi sarebbe piaciuto conoscere, e che per lo meno, sono contenta di aver conosciuto attraverso queste pagine.


Durata totale della lettura: Otto giorni
Bevanda consigliata: Centrifugato di mela verde, sedano e succo di aloe
Formato consigliato: Ebook
Età di lettura consigliata: Dai 15 anni







      "Mary scriveva e soffriva man mano che si rendeva conto 
di come non era tanto la disarmonia delle forme fisiche a generare 
il suo mostro quanto l’amore e l’affetto incompresi e non ricambiati."


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