Toto' mio padre di Liliana de Curtis e Matilde Amorosi Editore: Rizzoli Prezzo Cartaceo: € 17,00 Pagine: 224
«Caro papà, ho deciso di scrivere questo libro per il semplice motivo che ti spetta. Dopo la tua morte sei stato riscoperto, osannato, mitizzato, ti sono stati dedicati saggi e tavole rotonde. Ma credo che nessuno sia riuscito a descrivere la tua vera personalità, a esprimere la tua profondissima umanità.» La biografia di Totò raccontata dalla sua unica figlia, Liliana, è uno spaccato di vita familiare in cui il grande artista viene descritto nella sua dimensione umana segreta. Totò, padre tenero, ma troppo possessivo, marito-padrone per l’adorata moglie Diana, pieno di pregi ma anche di difetti, balza fuori da queste pagine con eccezionale vivezza. Per riuscire in questa impresa Liliana ha attinto al bagaglio dei suoi ricordi, una sterminata quantità di episodi, divertenti o drammatici, come è logico in un personaggio per il quale, secondo una sua definizione, «una lacrima è solo l’altra faccia del sorriso». Per gli ammiratori, poi, ci sono delle vere chicche, e cioè alcune poesie inedite e una lettera che Totò, nel 1943, indirizzò alla moglie e alla figlia, corredata da un suo disegno. Parlare del padre, spiega Liliana, non le rie-sce facile per quella ridda di emozioni che risvegliano in lei i ricordi, dolci o amari, ma comunque impressi indelebilmente nella sua memoria. Perciò nella scrittura ha dovuto lasciarsi guidare soprattutto dalla voce del cuore. Ne è nata una biografia molto vera e priva di retorica, una lettura indispensabile per tutti quelli che, amando Totò, vogliono conoscerlo nell’intimo della sua complessa personalità, al di là della maschera diventata ormai un mito senza tempo.
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Uno degli obiettivi fondamentali che la figlia del celebre attore, si è riproposta nello scrivere questo libro, è stato quello di raggiungere il cuore dei tanti fan; di là dall’omaggio alla sua memoria, spera che il racconto sincero del loro rapporto, spesso tormentato, lo aiuterà a chiarirlo a se stessa. Poiché l’ha vissuto con la passione e insieme col pudore e l’insicurezza che ha ereditato da lui, le hanno lasciato molti dubbi, qualche rimorso e un inconsolabile rimpianto.
Con amore e trepidazione inizia il racconto della sua vita visto con i suoi occhi di figlia, gli unici, crede, che abbiano saputo guardare oltre il sipario che nascondeva l’anima del grande attore. Il senso del meraviglioso era parte integrante della sua personalità e non lo abbandonò mai, nemmeno in età matura.
La tenerezza struggente, l’amore protettivo e senza limiti svelarono un aspetto della personalità di suo padre, che faceva da contraltare alla sua imprevedibile follia di artista. Se infatti era capace di perdere la testa per una ragazza solo perché somigliava a una figurina pubblicitaria, aveva anche il culto della famiglia e alla futura moglie voleva garantire un’esistenza tranquilla, una specie di oasi nel tumulto delle sue esperienze di attore. L’infanzia di Totò fu segnata indelebilmente dalla mancanza del padre, il marchese Giuseppe de Curtis, che non lo riconobbe subito e per lunghi anni si disinteressò di lui. Non era un cinico, ma obbediva alle regole del tempo per cui un nobiluomo che si fosse legato sentimentalmente a una popolana aveva il dovere di nascondere la relazione, considerata una vergogna sociale. Il frutto di questa relazione, naturalmente, rappresentava un ingombro, un peso scomodo, l’incarnazione di un peccato che, per altri versi, era molto piacevole. Papà la considerava il perno della sua vita, ma lei fin da piccola si rese conto che doveva dividerlo col suo lavoro. Il palcoscenico esercitava su di lui un fascino irresistibile che in certi momenti lo possedeva completamente, come un sortilegio. La smania di recitare si manifestò in lui nei primi anni di vita, quando, sotto gli occhi attoniti di nonna Anna, si mascherava alla meglio interpretando i più svariati personaggi,dal prete alla sciantosa. Il gusto del travestimento fu il primo sintomo di una vocazione prepotente che sembrò vacillare solo una volta. Ripercorrere tutte le tappe della carriera di suo padre sarebbe un’impresa ardua, che l’autrice lascia agli storici dello spettacolo, mentre le piace raccontare gli episodi connessi al suo lavoro che svelano lati inediti della sua personalità. Come sarebbe possibile, ad esempio, dimenticare Armanda, la ballerina di fila non giovanissima e troppo grassa, che pure partecipò alle più importanti riviste di Totò? La donna aveva alle spalle una storia simile a quella di Filumena Marturano. Madre di tre figli nati fuori del matrimonio, per mantenerli in collegio arrotondava i guadagni facendo la prostituta. Totò lo sapeva ma, eccezionalmente, veniva meno al suo rigorismo morale e continuava a scritturarla quantunque non avesse più l’età né il fisico per ballare. Solo, la sistemava sempre nell’ultima fila perché passasse inosservata. Tra mille anedotti, scopriamo pure che: da napoletano «verace», Totò era tremendamente superstizioso.
Odiava il tredici e il diciassette, a tal punto che se in treno gli capitava il posto contrassegnato da uno dei numeri incriminati, rinunciava subito al viaggio. Naturalmente evitava di partire e di prendere decisioni importanti il venerdì e il martedì e detestava il viola come la maggior parte degli attori. Inoltre, sebbene amasse molto gli animali, fuggiva come la peste i gatti neri. Una storia familiare, che in un intreccio di lacrime e sorrisi rivive in un libro diverso da tutti gli altri dedicati a Totò per il semplice motivo che nasce direttamente dal cuore. Nell’appendice alcuni originali “ bigliettini” stilati da Totò. Parte dei proventi ottenuti dalla vendita di questo libro, saranno devoluti in beneficienza.
Con amore e trepidazione inizia il racconto della sua vita visto con i suoi occhi di figlia, gli unici, crede, che abbiano saputo guardare oltre il sipario che nascondeva l’anima del grande attore. Il senso del meraviglioso era parte integrante della sua personalità e non lo abbandonò mai, nemmeno in età matura.
La tenerezza struggente, l’amore protettivo e senza limiti svelarono un aspetto della personalità di suo padre, che faceva da contraltare alla sua imprevedibile follia di artista. Se infatti era capace di perdere la testa per una ragazza solo perché somigliava a una figurina pubblicitaria, aveva anche il culto della famiglia e alla futura moglie voleva garantire un’esistenza tranquilla, una specie di oasi nel tumulto delle sue esperienze di attore. L’infanzia di Totò fu segnata indelebilmente dalla mancanza del padre, il marchese Giuseppe de Curtis, che non lo riconobbe subito e per lunghi anni si disinteressò di lui. Non era un cinico, ma obbediva alle regole del tempo per cui un nobiluomo che si fosse legato sentimentalmente a una popolana aveva il dovere di nascondere la relazione, considerata una vergogna sociale. Il frutto di questa relazione, naturalmente, rappresentava un ingombro, un peso scomodo, l’incarnazione di un peccato che, per altri versi, era molto piacevole. Papà la considerava il perno della sua vita, ma lei fin da piccola si rese conto che doveva dividerlo col suo lavoro. Il palcoscenico esercitava su di lui un fascino irresistibile che in certi momenti lo possedeva completamente, come un sortilegio. La smania di recitare si manifestò in lui nei primi anni di vita, quando, sotto gli occhi attoniti di nonna Anna, si mascherava alla meglio interpretando i più svariati personaggi,dal prete alla sciantosa. Il gusto del travestimento fu il primo sintomo di una vocazione prepotente che sembrò vacillare solo una volta. Ripercorrere tutte le tappe della carriera di suo padre sarebbe un’impresa ardua, che l’autrice lascia agli storici dello spettacolo, mentre le piace raccontare gli episodi connessi al suo lavoro che svelano lati inediti della sua personalità. Come sarebbe possibile, ad esempio, dimenticare Armanda, la ballerina di fila non giovanissima e troppo grassa, che pure partecipò alle più importanti riviste di Totò? La donna aveva alle spalle una storia simile a quella di Filumena Marturano. Madre di tre figli nati fuori del matrimonio, per mantenerli in collegio arrotondava i guadagni facendo la prostituta. Totò lo sapeva ma, eccezionalmente, veniva meno al suo rigorismo morale e continuava a scritturarla quantunque non avesse più l’età né il fisico per ballare. Solo, la sistemava sempre nell’ultima fila perché passasse inosservata. Tra mille anedotti, scopriamo pure che: da napoletano «verace», Totò era tremendamente superstizioso.
Odiava il tredici e il diciassette, a tal punto che se in treno gli capitava il posto contrassegnato da uno dei numeri incriminati, rinunciava subito al viaggio. Naturalmente evitava di partire e di prendere decisioni importanti il venerdì e il martedì e detestava il viola come la maggior parte degli attori. Inoltre, sebbene amasse molto gli animali, fuggiva come la peste i gatti neri. Una storia familiare, che in un intreccio di lacrime e sorrisi rivive in un libro diverso da tutti gli altri dedicati a Totò per il semplice motivo che nasce direttamente dal cuore. Nell’appendice alcuni originali “ bigliettini” stilati da Totò. Parte dei proventi ottenuti dalla vendita di questo libro, saranno devoluti in beneficienza.
Durata totale della lettura: Cinque giorni
Bevanda consigliata: Espresso napoletano
Formato consigliato: Ebook
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